convivio riassunto pdf
10. 6. 3. E questa è l’altra ineffabilitade; cioè che la lingua non è di quello che lo ’ntelletto vede compiutamente seguace. che lo ’ntelletto sovr’esse disvia. Veramente dunque bella e convenevole comparazione fu del cielo a l’umana nobilitade. Capitolo X quantunqu’io veggio là ’v’ella mi senta. E però è più laudabile l’uomo che dirizza sé e regge sé mal naturato contra l’impeto de la natura, che colui che ben naturato si sostiene in buono reggimento o disviato si rinvia; sì come è più laudabile uno mal cavallo reggere che un altro non reo. vanno chiamando Amor ciascuno a prova La quinta si è Magnanimitade, la quale è moderatrice e acquistatrice de’ grandi onori e fama. 1. 19. Quando ragionate sono le due ineffabilitadi di questa matera, conviensi procedere a ragionare le parole che narrano la mia insufficienza. e rompon come trono E questo luogo, lo quale tutta la palla cerchia, sempre ha lo die iguale con la notte, o di qua o di là che ’l sole li vada; e due volte l’anno ha la state grandissima di calore, e due piccioli verni. E questa è l’una questione. 4. La prima parte ha due parti ancora: che ne la prima si cercano certe cose che sono mestiere a veder la diffinizione di nobilitade; ne la seconda si cerca de la sua diffinizione: e comincia questa seconda parte: È gentilezza dovunqu’è vertute. 1. E in parte ne tocca, dicendo: Quivi dov’ella parla, si dichina, cioè, dove la filosofia è in atto, si dichina un celestial pensiero, nel quale si ragiona questa essere più che umana operazione: e dice ‘del cielo’ a dare a intendere che non solamente essa, ma li pensieri amici di quella sono astratti da le basse e terrene cose. La sua famiglia appartiene alla piccola nobiltà guelfa fiorentina. Ché, primamente, non era subietto ma sovrano, e per la [sua] nobilità e per vertù e per bellezza. 7. 10. 5. E così termina tutta la litterale sentenza di questo trattato; per che l’ordine de l’opera domanda a l’allegorica esposizione omai, seguendo la veritade, procedere. E costoro e la loro setta chiamati furono Stoici, e fu di loro quello glorioso Catone di cui non fui di sopra oso di parlare. Cominciai adunque ad amare li seguitatori de la veritade e odiare li seguitatori de lo errore e de la falsitade, com’ella face. Nel precedente capitolo è diterminato come ogni vertù morale viene da uno principio, cioè buona e abituale elezione; e ciò importa lo testo presente infino a quella parte che comincia: Dico che nobiltate in sua ragione. Suo esser tanto a Quei che lel dà piace, L’anima s’intende, come detto è nel precedente capitolo, per lo generale pensiero, col consentimento. 10. E perché queste variazioni sono ne li uomini non intendo al presente mostrare, che troppo multiplicherebbe la digressione; se non in tanto, che dico in genere che cotali sono quasi bestie, a li quali la ragione fa poco prode. 3. Ché, secondo la malizia de l’anima, tre orribili infermitadi ne la mente de li uomini ho vedute. Per che vedere si può che questi due vocabuli fanno questo nome di ‘filosofo’che tanto vale a dire quanto ‘amatore di sapienza’: per che notare si puote che non d’arroganza, ma d’umilitade è vocabulo. La prima è lo primo verso di quella: ne la quale s’inducono a udire ciò che dire intendo certe Intelligenze, o vero per più usato modo volemo dire Angeli, le quali sono a la revoluzione del cielo di Venere, sì come movitori di quello. E se l’avversario pertinacemente si difendesse, dicendo che bene vogliono questa transmutazione potersi fare quando lo basso stato de li antecessori corre in oblivione, avvegna che ’l testo ciò non curi, degno è che la chiosa a ciò risponda. 1. E diffiniro così questo onesto: ‘quello che, sanza utilitade e sanza frutto, per sé di ragione è da laudare’. 9. Per nobilità, perché lo latino è perpetuo e non corruttibile, e lo volgare è non stabile e corruttibile. Ove è da sapere che, sì come dice lo Filosofo nel secondo de l’Anima, l’anima è atto del corpo: e se ella è suo atto, è sua cagione; e però che, sì come è scritto nel libro allegato de le Cagioni, ogni cagione infonde nel suo effetto de la bontade che riceve da la cagione sua, infonde e rende al corpo suo de la bontade de la cagione sua, ch’è Dio. Ed è da sapere, che qui di dice ‘pensiero’ e non ‘anima’, di quello che salia a vedere quella beata, perché era spezial pensiero a quello atto. Però è da sapere che tutto che a l’uno e a l’altro s’intenda, al trattare lo vero s’intende principalmente; a riprovare lo falso s’intende in tanto in quanto la veritade meglio si fa apparire. 4. E ciò si può fare manifesto massimamente in ciò, che sì come lo divino amore è tutto etterno, così conviene che sia etterno lo suo obietto di necessitate, sì che etterne cose siano quelle che esso ama. Veramente l’ultimo verso, che per tornata è posto, per la litterale esposizione assai leggermente qua si può ridurre, salvo in tanto quanto dice che io [s]ì chiamai questa donna fera e disdegnosa. E dinanzi da costui erano chiamati li seguitatori di scienza non filosofi ma sapienti, sì come furono quelli sette savi antichissimi, che la gente ancora nomina per fama: lo primo de li quali ebbe nome Solon, lo secondo Chilon, lo terzo Periandro, lo quarto Cleobulo, lo quinto Lindio, lo sesto Biante, e lo settimo Prieneo. E però Boezio nel secondo de la sua Consolazione dice: “Per certo l’avarizia fa li uomini odiosi”. Sì che allora non giudica come uomo la persona, ma quasi come altro animale pur secondo l’apparenza, non discernendo la veritade. Ahi, piaciuto fosse al dispensatore de l’universo che la cagione de la mia scusa mai non fosse stata! 13. 3. E dico che le Intelligenze del cielo la mirano, e che la gente di qua giù gentile pensano di costei, quando più hanno di quello che loro diletta. contemplando la fine che l’aspetta, E però ad esso non s’assetti alcuno 3. Dico che ’l cielo de la Luna con la Gramatica si somiglia, perché ad esso si può comparare [per due proprietadi]. Queste due oppinioni – avvegna che l’una, come detto è, del tutto sia da non curare – due gravissime ragioni pare che abbiano in aiuto: la prima è che dice lo Filosofo che quello che pare a li più, impossibile è del tutto essere falso; la seconda ragione è l’autoritade de la diffinizione de lo imperadore. e dice: “Chi veder vuol la salute, 7. E questa battaglia fu in Africa, secondo le testimonianze de le scritture. 5. E però che Dio è principio de le nostre anime e fattore di quelle simili a sé (sì come è scritto: “Facciamo l’uomo ad imagine e similitudine nostra”), essa anima massimamente desidera di tornare a quello. e dirò del valore, E quinci nacque poi, ciascuno studioso in sapienza che fosse ‘amatore di sapienza’ chiamato, cioè ‘filosofo’; ché tanto vale in greco ‘philos’ com’è a dire ‘amore’ in latino, e quindi dicemo noi: ‘philos’ quasi amore, e ‘soph[os] quasi sapien[te]. Mossimi prima per magnificare lui. Che lo latino non sia conoscente del volgare e de’ suoi amici, così si pruova. E per lo mille significa lo movimento del crescere; ché in nome, cioè questo mille, è lo maggiore numero, e più crescere non si può se non questo multiplicando. La prima cosa e lo primo secreto che ne mostrò, fu una de le creature predette: ciò fu quello suo grande legato che venne a Maria, giovinetta donzella di tredici, da parte del Sanator celestiale. come l’alto valor ch’ella possiede E però che ne l’ordine intellettuale de l’universo si sale e discende per gradi quasi continui da la infima forma a l’altissima [e da l’altissima] a la infima, sì come vedemo ne l’ordine sensibile; e tra l’angelica natura, che è cosa intellettuale, e l’anima umana non sia grado alcuno, ma sia quasi l’uno a l’altro continuo per li ordini de li gradi, e tra l’anima umana e l’anima più perfetta de li bruti animali ancor mezzo alcuno non sia; e noi veggiamo molti uomini tanto vili e di sì bassa condizione, che quasi non pare essere altro che bestia: e così è da porre e da credere fermamente, che sia alcuno tanto nobile e di sì alta condizione che quasi non sia altro che Angelo. E questa è tutta la litterale sentenza de la prima canzone, che è per prima vivanda intesa innanzi. 2. Sua bieltà piove fiammelle di foco, 8. Capitolo II 15. Onde nullo dipintore potrebbe porre alcuna figura, se intenzionalmente non si facesse prima tale quale la figura essere dee. Non solamente questa anima e natura buona in adolescenza è obediente, ma eziandio soave; la quale cosa è l’altra ch’è necessaria in questa etade a bene intrare ne la porta de la gioventute. Veramenti li teologi questo senso prendono altrimenti che li poeti; ma però che mia intenzione è qui lo modo de li poeti seguitare, prendo lo senso allegorico secondo che per li poeti è usato. 16. sì come face in angelo che ’l vede; A la prima questione risponde Giovenale ne l’ottava satira, quando comincia quasi esclamando: “Che fanno queste onoranze che rimangono da li antichi, se per colui che di quelle si vuole ammantare male si vive? 1. E così è palese, e per me conosciuto, esso essere stato a me grandissimo benefattore. 4. 26. 19. de’ star colui che le mie pari ancide Le quali cose e oppinioni manifesta la testimonianza de’ poeti, che ritraggono in parte alcuna lo modo de’ gentili e ne li sacrifici e ne la loro fede; e anco si manifesta in molti nomi antichi rimasi o per nomi o per sopranomi a lochi e antichi edifici, come può bene ritrovare chi vuole. riprovando ’l giudicio falso e vile E in questi due luoghi dico io che appariscono questi piaceri dicendo: ne li occhi e nel suo dolce riso. e dice: “Oh lassa a me, come si fugge Ond’è scritto di lei: “Dal principio dinanzi da li secoli creata sono, e nel secolo che dee venire non verrò meno”; e ne li Proverbi di Salomone essa Sapienza dice: “Etternalmente ordinata sono”; e nel principio di Giovanni, ne l’Evangelio, si può la sua etternitade apertamente notare. Vede adunque questa nobilissima di tutte assolutamente, in quanto perfettissimamente in sé la vede e in sua essenzia. Riassunto. 16. Lo secondo si è, che ’n nulla cosa, fuori de li uomini, questa distinzione si potrebbe fare, cioè nobile o vile; che è molto inconveniente con ciò sia cosa che in ciascuna spezie di cose veggiamo l’imagine di nobilitade e di viltade; onde spesse volte diciamo uno nobile cavallo e uno vile, e uno nobile falcone e uno vile, e una nobile margherita e una vile. E questa è la radice de l’una de le diversitadi ch’era in me. 12. 5. E però dice lo Savio: “Se voto camminatore entrasse ne lo cammino, dinanzi a li ladroni canterebbe”. 7. 14. E per lo movimento quasi insensibile, che fa da occidente in oriente per uno grado in cento anni, significa le cose incorruttibili, le quali ebbero da Dio cominciamento di creazione e non averanno fine: 12. 3. 11. Promettono le false traditrici, se bene si guarda, di torre ogni sete e ogni mancanza, e apportare ogni saziamento e bastanza; e questo fanno nel principio a ciascuno uomo, questa promissione in certa quantità di loro accrescimento affermando: e poi che quivi sono adunate, in loco di saziamento e di refrigerio danno e recano sete di casso febricante intollerabile; e in loco di bastanza recano nuovo termine, cioè maggiore quantitade a desiderio, e, con questa, paura grande e sollicitudine sopra l’acquisto. E però che a l’amaro comandamento è impossibile dolcemente obedire, impossibile è, quando lo subietto comanda, la obedienza del sovrano essere dolce. Questo vocabulo, cioè ‘autore’, sanza quella terza lettera C, può discendere da due principii: l’uno si è d’uno verbo molto lasciato da l’uso in gramatica, che significa tanto quanto ‘legare parole’, cioè ‘auieo’. 10. E prima del cielo, secondo l’ordine trapassato. E però li antichi regi ne le loro magioni faceano magnifici lavorii d’oro e di pietre e d’artificio, acciò che quelli che le vedessero divenissero stupidi, e però reverenti, e domandatori de le condizioni onorevoli de lo rege. chi fu quel primo che li pesi de l’oro coperto, e le pietre che si voleano ascondere, preziosi pericoli, cavoe?”. 11. 1. E così è manifesto che pronta liberalitade mi mosse al volgare anzi che a lo latino. Sì come la parte sensitiva de l’anima ha suoi occhi, con li quali apprende la differenza de le cose in quanto elle sono di fuori colorate, così la parte razionale ha suo occhio, con lo quale apprende la differenza de le cose in quanto sono ad alcuno fine ordinate: e questa è la discrezione. Puotesi considerare secondo che ha rispetto ad altri; e però che prima conviene essere perfetto, e poi la sua perfezione comunicare ad altri, convienesi questa secondaria perfezione avere appresso questa etade, cioè ne la senettute, sì come di sotto si dicerà. E questo [è quello] convivio, di quello pane degno, con tale vivanda qual io intendo indarno [non] essere ministrata. 15. 5. 9. 14. Ma però che ciascuna cosa per sé è da amare, e nulla è da odiare se non per sopravenimento di malizia, ragionevole e onesto è, non le cose, ma le malizie de le cose odiare e procurare da esse di partire. Le due di queste cagioni, cioè la prima da la parte [di dentro e la prima da la parte] di fuori, non sono da vituperare, ma da escusare e di perdono degne; le due altre, avvegna che l’una più, sono degne di biasimo e d’abominazione. 8. Li uomini hanno loro proprio amore a le perfette e oneste cose. come l’anima trista piange in lui, Potrebbe alcuno però dire, contra me argomentando: poiché la felicitade de la vita contemplativa è più eccellente che quella de l’attiva, e l’una e l’altra possa essere e sia frutto e fine di nobilitade, perché non anzi si procedette per la via de le virtù intellettuali che de le morali? non posson quietar, ma dan più cura; che luce ne la parte ove dimora Avemo dunque che la gioventute nel quarantacinquesimo anno si compie. 17. 5. E se alcuno volesse dire contra, dicendo che alcuno uccello parli, sì come pare di certi, massimamente de la gazza e del pappagallo, e che alcuna bestia fa atti o vero reggimenti, sì come pare de la scimia e d’alcuno altro, rispondo che non è vero che parlino né che abbiano reggimenti, però che non hanno ragione, da la quale queste cose convegnono procedere; né è in loro lo principio di queste operazioni, né conoscono che sia ciò, né intendono per quello alcuna cosa significare, ma solo quello che veggiono e odono ripresentare, secondo la imagine de le corpora in alcuno corpo lucido si rappresenta, sì come ne lo specchio. E però ultimamente dico che da etterno, cioè etternamente, fu ordinata ne la mente di Dio in testimonio de la fede a coloro che in questo tempo vivono. Ahi quanto sta male a ciascuno nobile uomo che onore vada cercando, menzionare cose che ne la bocca d’ogni donna stean male! E per lo cammino diritto è da vedere, questa diffinizione che cercando si vae, per li frutti: che sono morali vertù e intellettuali, de le quali essa nostra nobilitade è seme, sì come ne la sua diffinizione sarà pienamente manifesto. 10. vada con lei e miri li atti sui. Lo quale raunamento nuovi desiderii discuopre, a lo fine de li quali sanza ingiuria d’alcuno venire non si può. Capitolo XV, Trattato Terzo E questo amore mostra che avesse Enea lo nomato poeta nel quinto libro sopra detto, quando lasciò li vecchi Troiani in Cicilia raccomandati ad Aceste, e partilli da le fatiche; e quando ammaestrò in questo luogo Ascanio, suo figliuolo, con li altri adolescentuli armeggiando. Conosce adunque Iddio sì come sua cagione, conosce quello che è sotto sé sì come suo effetto; e però che Dio è universalissima cagione di tutte le cose, conoscendo lui, tutte le cose conosce in sé, secondo lo modo de la Intelligenza. Onde non si dee dicere vero filosofo alcuno che, per alcuno diletto, con la sapienza in alcuna sua parte sia amico; sì come sono molti che si dilettano in intendere canzoni ed istudiare in quelle, e che si dilettano studiare in Rettorica o in Musica, e l’altre scienze fuggono e abbandonano, che sono tutte membra di sapienza. E qui termina la sentenza litterale di tutto quello che in questa canzone dico, parlando a quelle intelligenze celestiali. 9. E però esso Tullio nel medesimo luogo dice: “Mettere a negghienza di sapere quello che li altri sentono di lui, non solamente è di persona arrogante, ma dissoluta”; che non vuole altro dire, se non che arroganza e dissoluzione è sé medesimo non conoscere, ché [sé medesimo conoscere] principio è ed è la misura d’ogni reverenza. 4. cercar ne’ miei pensieri, 10. 2. 3. E dico che li miei pensieri – che sono parlare d’Amore – ‘sonan sì dolci’ che la mia anima, cioè lo mio affetto, arde di potere ciò con la lingua narrare; e perché dire nol posso, dico che l’anima se ne lamenta dicendo: lassa! E così, volgendo le cagioni sopra dette ne le contrarie, si può vedere la ragione de la infamia, che simigliantemente si fa grande. La seconda similitudine si è lo illuminare de l’uno e de l’altro; ché ciascun cielo illumina le cose visibili, e così ciascuna scienza illumina le intelligibili. Non puose Iddio le mani proprie, quando li Franceschi, tutta Roma presa, prendeano di furto Campidoglio di notte, e solamente la voce d’una oca fé ciò sentire? Sì come dice Aristotile nel secondo de l’Anima, “vivere è l’essere de li viventi”; e per ciò che vivere è per molti modi (sì come ne le piante vegetare, ne li animali vegetare e sentire e muovere, ne li uomini vegetare, sentire, muovere e ragionare, o vero intelligere), e le cose si deono denominare da la più nobile parte, manifesto è che vivere ne li animali è sentire – animali, dico, bruti -, vivere ne l’uomo è ragione usare. E dice poi: vedem questa salute: e tocca nobilitade, che bene è vera salute, essere là dove è vergogna, cioè tema di disnoranza, sì come è ne le donne e ne li giovani, dove la vergogna è buona e laudabile; la qual vergogna non è virtù, ma certa passione buona. Ed è l’ordine del sito questo, che lo primo che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dov’è Mercurio; lo terzo è quello dov’è Venere; lo quarto è quello dove è lo Sole; lo quinto è quello di Marte; lo sesto è quello di Giove; lo settimo è quello di Saturno; l’ottavo è quello de le Stelle; lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano, o vero tutto trasparente. 11. 7. 8. 8. 12. 4. 18. 3. E questa necessitate mosse Boezio di sé medesimo a parlare, acciò che sotto pretesto di consolazione escusasse la perpetuale infamia del suo essilio, mostrando quello essere ingiusto, poi che altro escusatore non si levava. 8. Sì che, per qualunque modo lo desiderare de la scienza si prende, o generalmente o particularmente, a perfezione viene. Capitolo XIV 5. Cortesia e onestade è tutt’uno: e però che ne le corti anticamente le vertudi e li belli costumi s’usavano, sì come oggi s’usa lo contrario, si tolse quello vocabulo da le corti, e fu tanto a dire cortesia quanto uso di corte. Inteso può essere sofficientemente per le prenarrate parole, de la litterale sentenza de la prima parte; per che a la seconda è da intendere, ne la quale si manifesta quello che dentro io sentia de la battaglia. Da tutte le tre sopra notate condizioni, che convegnono concorrere acciò che sia nel beneficio la pronta liberalitade, era lo comento latino [lontano], e lo volgare è con quelle, sì come si può manifestamente così contare. E ancora, dare a molti è impossibile sanza dare a uno, acciò che uno in molti sia inchiuso; ma dare a uno si può bene, sanza dare a molti. 12. 12. 16. Poi quando dico: E qual donna gentil questo non crede, pruovo questo per la esperienza che aver di lei si può in quelle operazioni che sono proprie de l’anima razionale, dove la divina luce più espeditamente raggia; cioè nel parlare e ne li atti che reggimenti e portamenti sogliono esser chiamati. 2. Sì come la Scienza Naturale, la Morale, e la Metafisica, la quale, perché più necessariamente in quella termina lo suo viso e con più fervore, [Prima] Filosofia è chiamata. Onde [vedere] si può come secondamente le scienze sono Filosofia appellate. 12. 13. 12. 15. Altri sono vizii consuetudinarii, a li quali non ha colpa la complessione ma la consuetudine, sì come la intemperanza, e massimamente, del vino: e questi vizii si fuggono e si vincono per buona consuetudine, e fassi l’uomo per essa virtuoso, sanza fatica avere ne la sua moderazione, sì come dice lo Filosofo nel secondo de l’Etica. E in questo [come in] quell’altro è nostra beatitudine e somma felicitade, sì come vedere si può; la quale è la dolcezza del sopra notato seme, sì come omai manifestamente appare, a la quale molte volte cotale seme non perviene per male essere coltivato, e per essere disviata la sua pullulazione. 6. L’altra è, che potrebbe dire quelli da santo Nazzaro di Pavia, e quelli de li Piscitelli da Napoli: ‘Se la nobilitade è quello che detto è, cioè seme divino ne la umana anima graziosamente posto, e le progenie, o vero schiatte, non hanno anima, sì come è manifesto, nulla progenie, o vero schiatta, nobile dicere si potrebbe: e questo è contra l’oppinione di coloro che le nostre progenie dicono essere nobilissime in loro cittadi. 5. 7. E però che in questa canzone s’intese a rimedio così necessario, non era buono sotto alcuna figura parlare, ma convennesi per via tostana questa medicina, acciò che fosse tostana la sanitade,[dare]; la quale corrotta, a così laida morte si correa. E quale buono uomo mai per forza o per fraude procaccerà? 3. La terza comincia: Contra-li-erranti mia, tu te n’andrai. E questo cerchio ha più rattezza nel muovere che alcuna parte del suo cielo, in ciascuno cielo, come può vedere chi bene considera. Sì che, quanto da la punta ver la base più si procede, maggiori appariscono li desiderabili; e questa è la ragione per che, acquistando, li desiderii umani si fanno più ampii, l’uno appresso de l’altro. 2. 7. 14. E ne l’acqua ch’è ne la pupilla de l’occhio, questo discorso, che fa la forma visibile per lo mezzo, sì si compie, perché quell’acqua è terminata – quasi come specchio, che è vetro terminato con piombo -, sì che passar più non può, ma quivi, a modo d’una palla, percossa si ferma; sì che la forma, che nel mezzo transparente non pare, [ne la parte pare] lucida e terminata. E queste sono quelle due cose che vedere si convenia prima che ad altre si procedesse, sì come in questo capitolo di sopra si dice. E però si scrive in quello di Sapienza: “Amate lo lume de la sapienza, voi tutti che siete dinanzi a’ populi”, cioè a dire: congiungasi la filosofica autoritade con la imperiale, a bene e perfettamente reggere. Capitolo XIV E questo fa e dimostra la buona natura, sì come lo testo dice espressamente. Poi quando dice: Però, se le mie rime avran difetto, escusomi da una colpa de la quale non deggio essere colpato, veggendo altri le mie parole essere minori che la dignitade di questa; e dico che se difetto fia ne le mie rime, cioè ne le mie parole che a trattare di costei sono ordinate, di ciò è da biasimare la debilitade de lo ’ntelletto e la cortezza del nostro parlare: lo quale per lo pensiero è vinto, sì che seguire lui non puote a pieno, massimamente là dove lo pensiero nasce da amore, perché quivi l’anima profondamente più che altrove s’ingegna. ché né altri contra me avria fallato, né io sofferto avria pena ingiustamente, pena, dico, d’essilio e di povertate. Ove si vuole sapere che questa donna è la Filosofia; la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d’onestade, mirabile di savere, gloriosa di libertade, sì come nel terzo trattato, dove la sua nobilitade si tratterà, fia manifesto. Se nobilitade non si genera di nuovo, sì come più volte è detto che la loro oppinione vuole (non generandosi di vile uomo in lui medesimo, né di vile padre in figlio), sempre è l’uomo tale quale nasce, e tale nasce quale è lo padre; e così questo processo d’una condizione è venuto infino dal primo parente: per che tale quale fu lo primo generante, cioè Adamo, conviene essere tutta l’umana generazione, ché da lui a li moderni non si puote trovare per quella ragione alcuna transmutanza. il convivio riassunto please? 13. %PDF-1.3 Poi, quando dice: Ché solo Iddio a l’anima la dona, ragione è del suscettivo, cioè del subietto dove questo divino dono discende: ch’è bene divino dono, secondo la parola de l’Apostolo: “Ogni ottimo dato e ogni dono perfetto di suso viene, discendendo dal padre de’ lumi”. Onde è da sapere che solamente l’uomo intra li animali parla, e ha reggimenti e atti che si dicono razionali, però che solo elli ha in sé ragione. 18. E sì come peregrino che va per una via per la quale mai non fue, che ogni casa che da lungi vede crede che sia l’albergo, e non trovando ciò essere, dirizza la credenza a l’altra, e così di casa in casa, tanto che a l’albergo viene; così l’anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza li occhi al termine del suo sommo bene, e però, qualunque cosa vede che paia in sé avere alcuno bene, crede che sia esso. Altri furono, e cominciamento ebbero da Socrate e poi dal suo successore Platone, che agguardando più sottilmente, e veggendo che ne le nostre operazioni si potea peccare e peccavasi nel troppo e nel poco, dissero che la nostra operazione sanza soperchio e sanza difetto, misurata col mezzo per nostra elezione preso, ch’è virtù, era quel fine di che al presente si ragiona; e chiamaronlo ‘operazione con virtù’. 11. Ove è da sapere che, sì come vuole lo Filosofo, tutte le cose che fanno alcuna cosa, conviene essere prima quelle perfettamente in quello essere; onde dice nel settimo de la Metafisica: “Quando una cosa si genera da un’altra, generasi di quella, essendo in quello essere”. E come detto è di sopra nel fine del precedente trattato, non solamente speziale nascimento, ma speziale processo ebbe da Dio; ché brievemente, da Romolo incominciando che fu di quella primo padre, infino a la sua perfettissima etade, cioè al tempo del predetto suo imperadore, non pur per umane ma per divine operazioni andò lo suo processo. E così colui che è ordinato a l’altrui servigio dee avere quelle disposizioni che sono a quello fine ordinate, sì come subiezione, conoscenza, e obedienza, sanza le quali è ciascuno disordinato a ben servire; perché, s’elli non è subietto in ciascuna condizione, sempre con fatica e con gravezza procede nel suo servigio e rade volte quello continua; e se elli non è [conoscente………………………………; e se elli non è] obediente, non serve mai se non a suo senno e a suo volere, che è più servigio d’amico che di servo. 10. 1. 7. Queste parole posso io qui veramente proponere; però che ciascuno vero rege dee massimamente amare la veritade. 5. Onde le stelle del Cielo Stellato sono più piene di vertù tra loro quanto più sono presso a questo cerchio. E però mi volgo a la canzone, e sotto colore d’insegnare a lei come scusare la conviene, scuso quella: ed è una figura questa, quando a le cose inanimate si parla, che si chiama da li rettorici prosopopeia; e usanla molto spesso li poeti. 3. quante laide parole ritene! E quinci nasce che mai a dottrina non vegnono; credendo da sé sufficientemente essere dottrinati, mai non domandano, mai non ascoltano, disiano essere domandati e, anzi la domandagione compiuta, male rispondono. Volendo la ’nmensurabile bontà divina l’umana creatura a sé riconformare, che per lo peccato de la prevaricazione del primo uomo da Dio era partita e disformata, eletto fu in quello altissimo e congiuntissimo consistorio de la Trinitade, che ’l Figliuolo di Dio in terra discendesse a fare questa concordia. E non mi valse ch’io ne fossi accorta Tolomeo poi, accorgendosi che l’ottava spera si movea per più movimenti, veggendo lo cerchio suo partire da lo diritto cerchio, che volge tutto da oriente in occidente, costretto da li principii di filosofia, che di necessitade vuole uno primo mobile semplicissimo, puose un altro cielo essere fuori de lo Stellato, lo quale facesse questa revoluzione da oriente in occidente: la quale dico che si compie quasi in ventiquattro ore, [cioè in ventitré ore] e quattordici parti de le quindici d’un’altra, grossamente assegnando. E in ciò s’accorda Virgilio nel primo de lo Eneida, quando dice, in persona di Dio parlando: “A costoro – cioè a li Romani – né termine di cose né di tempo pongo; a loro ho dato imperio sanza fine”. 9. E queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta e Nona, e chiamansi ore temporali. 1. E così, amando sé principalmente, e per sé l’altre cose, e amando di sé la migliore parte più, manifesto è che più ama l’animo che ’l corpo o che altra cosa: lo quale animo naturalmente più che altra cosa dee amare. 14. E lo soccorso dinanzi ciascuno die crescea, che far non potea l’altro, [te]men[d]o quello, che impediva in alcuno modo, a dare indietro, il volto; per che a me parve sì mirabile, e anche duro a sofferire, che io nol potei sostenere. E l’una ragione è questa. 7. Amore, veramente pigliando e sottilmente considerando, non è altro che unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata; nel quale unimento di propia sua natura l’anima corre tosto e tardi, secondo che è libera o impedita. 16. Ancora qui si risponde, che non è vero ciò che si oppone, cioè che mai non si viene a l’ultimo: ché li nostri desiderii naturali, sì come di sopra nel terzo trattato è mostrato, sono a certo termine discendenti; e quello de la scienza è naturale, sì che certo termine quello compie, avvegna che pochi per male camminare, compiano la giornata. 2. 11. Tutto l’altro che segue poi di questa canzone, sofficientemente è per l’altra esposizione manifesto. Però quando dico che tal donna li vide, è tanto a dire quanto che li occhi suoi e li miei si guardaro. quanta pietà mi stringe per te, qual volta leggo, qual volta scrivo cosa che a reggimento civile abbia rispetto! 1. Ché, per la sua eccellenza manifesta, avere si può considerazione de la sua virtude; e per lo ’ntendimento de la sua grandissima virtù, si può pensare ogni stabilitade d’animo essere a quella mutabile e però me non giudicare lieve e non stabile.
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